Informazioni sull'associazione

Sul Fronte dei Ricordi, a Moena (TN)

Informazioni sull'associazione 

Sul Fronte dei Ricordi


L'associazione "Sul fronte dei ricordi" , costituita nell'anno 2005, ha sede a Moena  (cap 38035) in strada de Longiarif, 9 che è anche la sede della locale sezione degli Alpinisti tridentini (SAT).

L'associazione fa parte della rete dei musei della Prima guerra mondiale del Trentino che raccoglie 19 realtà, grandi e piccole, distribuite su tutto il territorio provinciale a testimonianza dell'interesse che la Grande Guerra continua ad alimentare. Per conoscere la rete dei Musei della Grande Guerra clicca qui sul sito. Il presidente della Associazione è il Sig Livio Defrancesco

Report trasmesso dalla Rai il 23 dicembre 2021 Filmato di Geo&Geo

Livio Defrancesco, classe 1958, di Moena (Pezzè), scialpinista per lo più solitario, fin da quando aveva 16 anni. Dal 1993 è in Sat, attivo nel recupero dei sentieri della Grande Guerra. Ha fondato l’associazione “Sul Fronte dei Ricordi” coinvolgendo decine di volontari. E’ dovuto al suo impegno la rilettura dei percorsi della Grande Guerra sia nella catena di Bocche che al Passo san Pellegrino.

Cosa ti ha portato nella vita ad avere tanta passione per la montagna? Vengo da una dinastia di boscaioli e contadini. I miei bisnonni gestivano il bar a Someda con annessa rivendita di Sali e Tabacchi. Alla fine dell’800 i militari del genio austrungarico costruirono il Forte di Someda e dopo il lavoro passavano qualche ora in quel bar. Ricordi ben impressi nella memoria di mio nonno, notizie che mi sono state così trasmesse. Già a 12 anni durante le vacanze scolastiche, i miei genitori mi mandavano in malga dove i gestori mi consegnavano una accetta, una roncola, un seghetto, un uncino per tirare a valle la legna. In estate aiutavo anche nella fienagione, portavo il mangiare alle mucche in stalla. Una estate un turista mi regalò un pallone, ma già il giorno dopo mi veniva tolto perché dovevo lavorare: senza discussioni. Ricordo anche che un giorno non ce la facevo più dalla stanchezza a scaricare un carro di fieno, ero al limite. Un contadino che segava l’erba, ovviamente remunerato, mi disse «se non scarichi quel carro ti dò il forcone sulla schiena». Così sono cresciuto. Ma al di là della severità ho imparato molto dagli anziani, ad esempio che in montagna «o muori e se vivi diventi forte per tutta la vita». I nostri anziani mantenevano puliti tutti i percorsi, carrabili, per il bestiame, per le persone. L’acqua era sempre incanalata, si evitavano erosioni e dilavamenti della viabilità, si facevano drenaggi.

Il gruppo del Latemar ti ha forgiato? Da ragazzo ho scoperto il gruppo del Latemar e con un amico bivaccavo spesso in quota. Abbiamo fatto assieme anche la traversata invernale nel 1978.Dopo le scuole superiori ho deciso di lavorare nel bosco con mio padre su lotti a contratto. Allora il lavoro era molto faticoso, si scortecciava tutto a mano e si avvallavano i tronchi fino a valle. Si dovevano anche sistemare le strade percorse, tenere puliti i “toai” di avvallamento per facilitare la discesa del legname ed evitare che i tronchi si scheggiassero o si rompessero. Già allora le nostre fatiche erano vanificate dal peso delle tasse, quindi le soddisfazioni economiche erano minime. Mio padre, Giacomo, del 1929, mi ha lasciato un gran regalo: assieme a lui nel 1982 ho potuto lavorare in Valsorda con l’ultimo grande esbosco e passaggio nella “cava de le bore”: prima, in quota, grazie al trasporto con il cavallo di mio zio Bepi (classe 1925, di Medil) e poi giù lungo i toai e la cava. Avevamo armato tutto, i sentieri e la stessa cava e i ponti. Precedentemente avevamo bagnato il percorso per permettere lo scorrimento agevole delle bore. Ho avuto un padre che poteva fare il generale grazie alle sue grandi capacità, la forza e l’esperienza.

Poi sei passato a lavorare sugli impianti e ti sei avvicinato alla Sat. Nel 1985 la società Impianti Costabella di Passo San Pellegrino mi ha chiesto la disponibilità a lavorare per loro, così ho cambiato attività. Già da piccolo conoscevo le crepe di Costabella, Monzoni, Cima Bocche e mi sono accorto che il degrado dei sentieri avanzava. Nel 1993 ho deciso di fare il bollino Sat e ho preso contatto con le persone più attive, come Bruno Toniolli. Fin da subito abbiamo messo mano al sentiero attrezzato Creste di Costabella Bepi Zac, nel 1997 quello dei Monzoni Bruno Federspiel e nel 2007 quello del Gronton.
Poi hai sentito il bisogno di una maggiore specializzazione, di seguire la tua passione riguardo alla Grande Guerra.
Infatti nel 2005 assieme ad altri amici ho fondato l’associazione “Sul Fronte dei Ricordi” per preservare tutto il patrimonio storico della Grande Guerra e abbiamo aperto il museo di Someda. Dal 2007 il Comune di Moena mi ha dato la possibilità, come dipendente stagionale, di lavorare su tutti i sentieri di Moena a San Pellegrino e con diversi volontari siamo riusciti a ripristinare i sette anelli storici compreso il settore di Cima Uomo. Negli ultimi anni i volontari sono calati, anche del 50 per cento, il Comune non può più assumere, anzi, deve ridurre il personale e così si perdono potenzialità negli interventi.

Cosa è cambiato nella sensibilità di noi che in montagna viviamo, perché questa caduta di attenzione verso il territorio esterno al paese? Se alcuni ambiti del territorio sono stati dimenticati è anche causa del mancato apporto delle categorie che vivevano realmente la montagna, contadini, boscaioli, cacciatori. Queste professioni si inserivano nella terra e chi lavorava doveva mantenerla agibile, frequentabile, lavorabile, così intervenivano sui sentieri, mulattiere, tenevano lontano il bosco da prato e pascoli. Oggi invece si delega tutto all’ente pubblico.

Tempi duri per il volontariato... Sempre peggio. Noi volontari dobbiamo rispettare vincoli legislativi e norme, anche di contabilità, sempre più severi. Ogni minima svista cade su di noi, in termini di sicurezza, ma anche di qualità del lavoro. Lavorare sul territorio come volontario è oggi sempre più difficile. Eppure c'è bisogno del nostro impegno. Faccio solo un esempio: l’abbandono di un sentiero storico come il “Troi del Buro”. Una volta su quella traccia passavano le mucche: oggi, causa il dilavamento delle rocce, ho dovuto metterlo in sicurezza. Per il passaggio degli escursionisti è necessaria una corda metallica di trenta metri. Anche il Cai – Sat senza l’apporto dei volontari andrà in sofferenza, specialmente sui lavori straordinari e impegnativi, come i sentieri attrezzati, ma non solo.